Lungo il cammino

Ricerca

E poi arriva quel giorno in cui… pur sapendo di non aver bisogno di cercare niente… speriamo in fondo a noi stessi di trovare tutto ciò che ci manca…

Dall’inizio del nostro percorso di crescita, quello che ci ha condotti, giorno dopo giorno, evento dopo evento, a costruire la nostra personalità, a delineare e far emergere in modo chiaro le caratteristiche principali di quell’indole che a volta abbiamo fatto fatica a tenere a bada tanto quanto invece gli eventi ci hanno costretti a modificarne alcune sfaccettature, da quell’inizio dicevo, siamo giunti a una fase successiva, quella dell’equilibrio con noi stessi. Certo, non è stato affatto semplice, in alcuni momenti siamo dovuti riemergere dalle sabbie mobili dentro le quali eravamo immersi mentre in altri invece siamo stati costretti dalle circostanze a ridimensionare un autocompiacimento che ci aveva fatto credere di aver raggiunto tutto ciò che volevamo, salvo poi trovarci a vederlo sfuggire via dalle nostre mani, spesso proprio a causa di un’eccessiva concentrazione su noi stessi.

A volte abbiamo sentito il bisogno impellente di trovare qualcuno che camminasse al nostro fianco a prescindere dalla certezza che fosse o meno la persona giusta; semplicemente non riuscivamo a progredire da soli e abbiamo scelto chi, in quella specifica fase, ci sembrava l’opzione migliore per soddisfare la necessità che sentivamo dentro di noi. Altre volte invece abbiamo preferito una lunga solitudine perché sapevamo che ci sarebbe stata necessaria per guardarci dentro, per interiorizzare e metabolizzare gli eventi, per comprendere quel lato di noi che potevamo scorgere e far emergere solo relazionandoci da soli con il mondo esterno, quello slegato dagli affetti, quello che non ci avrebbe accettati a prescindere. Da queste fasi siamo usciti sicuramente più forti, più consapevoli, più coscienti di chi volevamo essere e di quelle parti di noi che invece era fondamentale lasciarci alle spalle perché non sentivamo più nostre, l’evoluzione che avevamo compiuto ci aveva aiutati a comprendere che alcune zavorre andavano scaricate per consentirci di salire di un gradino in più verso la nostra maturità emotiva e personale.

Raggiungiamo quindi una condizione di maggiore stabilità, quella regalata dalla coscienza di ciò che siamo senza aver bisogno di trovare appoggio in qualcun altro, quella determinata dagli obiettivi raggiunti grazie alle nostre forze e alla nostra capacità, quella che ci ha fatto comprendere che è meglio non accettare il facile compromesso dell’assecondare un’esigenza temporanea prescindendo da chi la possa soddisfare.

Perché però, nonostante ci troviamo esattamente dove volevamo essere, abbiamo la sensazione che esista un piccolo vuoto da colmare?

Come mai pur avendo tutto avvertiamo la netta sensazione che qualcosa ci manchi?

È davvero necessario scegliere volontariamente la solitudine per darci il tempo di raggiungere tutti i nostri obiettivi oppure è il timore di non trovare ciò di cui abbiamo bisogno a farci preferire il procedere da soli?

In quella posizione di grande equilibrio raggiunta nel cammino di maturazione ci sembra di non aver bisogno di cercare nulla e, in effetti, ciò che abbiamo appreso, spesso a nostre spese, è che nel momento in cui abbiamo accettato un compromesso pur di non affrontare qualcosa contando solo e unicamente sulle nostre forze, ci siamo spesso trovati in un secondo tempo a dover far fronte a un’insofferenza dovuta all’emergere dell’evidenza che quella scelta non era stata determinata da un desiderio spontaneo bensì da un bisogno che aveva preso il sopravvento sulla nostra autonomia.

Quindi proseguiamo nella nostra stabilità esistenziale ed emotiva, e accettiamo di sentire quel piccolo vuoto, quella coscienza della mancanza di un piccolo tassello, di quel pezzetto che chiuderebbe un cerchio già di per sé appagante; accettiamo la consapevolezza di non doverne avere bisogno, di non sentirne la necessità per sentirci più completi ma tuttavia aspettiamo fiduciosi il momento in cui quel tutto che ci manca arriverà spontaneamente a completarci.

 

 

Marta Lock