Prima che sia tardi

E’ molto meglio parlare pur sapendo che stiamo sprecando le parole… piuttosto che tacere e scoprire solo dopo… che se avessimo parlato sarebbe stato meglio…

Quante volte ci è capitato di pensare che in un determinato episodio avremmo dovuto agire diversamente?

In quante occasioni ci è capitato di preferire mantenere il silenzio per poi pentircene e voler invece tirare fuori tutto quando ormai era troppo tardi?

Perché piuttosto che chiedere, cercare di chiarire, pretendere che le nostre ragioni siano ascoltate, restiamo muti come se temessimo di infastidire il nostro interlocutore?

Non è vero che poi, inevitabilmente, quel rospo che abbiamo ingoiato continua a graffiarci la gola?

In alcune situazioni, o davanti ad alcune persone, sembriamo intimiditi o talmente confusi da perdere la lucidità e la consapevolezza di avere tutti i diritti di far sentire la nostra voce, anche se l’opinione è contrastante con la situazione che stiamo vivendo o con la persona con cui la viviamo. In altri casi invece diamo per scontato di trovarci di fronte ad adulti che dovrebbero perfettamente essere in grado di comprendere i punti di vista e le opinioni degli altri, però ci siamo accorti, solo in un secondo momento, di aver ripetuto innumerevoli volte pareri e considerazioni che non sono stati affatto accolti, giungendo inevitabilmente alla conclusione di aver davvero sprecato il nostro fiato perché l’altro non ha ascoltato, o ha finto di non capire. E noi abbiamo perso la voglia di continuare a parlare.

Perché pensiamo che alcune cose debbano essere scontate, automatiche, quando si è raggiunto un certo grado di maturità; perché partiamo dal presupposto che molto spesso sono le persone a non voler comprendere ciò che è lineare ed evidente; perché tutto sommato non abbiamo intenzione di fare i maestri o i genitori della situazione né tanto meno vogliamo insegnare ciò che la persona che fa per noi dovrebbe già aver imparato. Così, negli approcci successivi, nelle conoscenze che seguono all’ultima dopo la quale abbiamo scelto di osservare ed evitare di sprecare parole a meno che non siamo certi che saranno ascoltare, decidiamo che in fondo sembra ricevere molta più attenzione chi sta sulle sue, chi non rivela il proprio pensiero, chiudendoci nell’enigma, che poi altro non è che un modo per studiare chi ci sta davanti.

E’ innegabile però che ogni persona costituisce un universo parallelo ma completamente staccato da altri, che non sempre un’incomprensione denota una mancanza di volontà di ascolto bensì semplicemente un modo di esprimersi differente; non sempre il silenzio è interpretato come un affascinante mistero, a volte appare come una mancanza di interesse ad aprirsi al dialogo e al confronto; e soprattutto non tutti i percorsi di vita sono uguali, dunque ciò che noi abbiamo appreso nel nostro può ancora essere in fase di sperimentazione in qualcun altro e, viceversa, l’altro può essere più avanti su argomenti differenti perché noi non li abbiamo ancora sperimentati.

Il silenzio crea disagio, l’incapacità di comunicare si trasforma in ostacolo e tutto ciò che non riusciamo più a dire diventa tutto ciò che basterebbe all’altro per comprenderci, confrontarsi con noi e amalgamarsi, sviluppare quell’affinità che, dopo l’istinto, viene solo con la conoscenza profonda basata sul dialogo. Così vediamo sfuggirci dalle mani la possibilità di costruire, incapaci di intuire che la persona che avevamo di fronte sarebbe stata pronta a farlo se solo noi avessimo avuto il coraggio, o la voglia, di manifestare il nostro pensiero, di esprimere il nostro disagio o di svelare quei segreti che non sappiamo più raccontare neanche a noi stessi, tanto ci siamo abituati a non andare a fondo, a restare in superficie o a credere che i nostri problemi siano solo nostri e nessuno possa aiutarci a risolverli a superarli.

Un attimo dopo che l’altro ha voltato le spalle vorremmo fermarlo, gridare, raccontare, esprimere, sentiamo la frustrante sensazione di non essere stati capiti, non perché fraintesi bensì perché inespressi, e capiamo di non esserci dati una possibilità. E ricordando il passato ricordiamo con chiarezza che anche quando eravamo convinti di aver sprecato il nostro fiato, anche quando ci siamo arrabbiati, anche quando abbiamo scoperto che il contrasto ha portato a una rottura. Comunque non abbiamo mai sentito il rimpianto di non aver detto ciò che pensavamo, chiesto ciò che desideravamo, spiegato ciò che sentivamo.

Non abbiamo mai avuto la sensazione che ormai fosse troppo tardi.

 

Marta Lock