Scoprilo tu!

A volte esprimere troppo apertamente… induce gli altri a non cercare di comprendere… a volte diventa necessario smettere di parlare… per far sì che inizino a farsi delle domande…

Quando ci troviamo di fronte a persone particolarmente chiuse, poco comunicative o restie a esprimere i propri sentimenti ed emozioni, emerge in noi quel sottile disagio provocato dal dubbio di essere stati davvero compresi e dall’insicurezza del non sapere quale reazione suscita nell’altro un nostro modo di vedere o un nostro particolare atteggiamento. E quasi per uno strano senso di compensazione siamo portati a chiarire, spiegare, manifestare per essere certi che non restino equivoci o fraintendimenti che potrebbero incrinare il rapporto a cui tanto teniamo.

Paradossalmente più noi cerchiamo di essere limpidi, diretti, quasi disarmanti nella nostra sincerità e capacità di esternare, più l’altro è portato a chiudersi in se stesso, come se il sapere che saremo noi, sempre e comunque, a mettere i puntini sulle i, lo rendesse pigro e in alcuni casi disinteressato a fare quello sforzo di comprensione che porterebbe la relazione su un livello più adulto e bilanciato. Così il rapporto va avanti tra le nostre infinite spiegazioni e puntualizzazioni, che a volte sfiancano per primi noi, e ci immergiamo sempre di più in un vortice di disappunto provocato da un lato dal non essere compresi nonostante tutto e dall’altro dell’esigenza di continuare a delucidare per non perdere il sottile filo comunicativo che a fatica siamo riusciti creare.

Perché con determinati soggetti diventiamo martiri emotivi immolati sull’altare del chiedere ascolto a chi è troppo pigro o disinteressato per darcelo spontaneamente?

Con quanta fatica ancora dobbiamo far sopravvivere qualcosa che diventa un carico solo nostro senza quello scambio spontaneo e reciproco che dovrebbe essere alla base di qualunque relazione adulta?

E’ davvero questo che vogliamo da un rapporto che ci renda felici?

Per quale motivo scegliamo di nostra spontanea volontà di assumere nella coppia un ruolo di tipo genitoriale per cui noi siamo gli adulti che devono insegnare e avere pazienza e il partner il bambino bastian contrario che tiene il broncio e fa i dispetti qualora ciò che diciamo non sia di suo gradimento?

E’ proprio forse questo il nodo da sciogliere, cioè chiederci se davvero vale la pena tenere in piedi una relazione sbilanciata in cui comunque uno dei due deve essere il vincente e l’altro il perdente – secondo il punto di vista dell’altro – oppure raggiungere la consapevolezza che una relazione matura non ha ruoli antagonisti bensì emisferi che vogliono toccarsi fino a fondersi e completarsi, spontaneamente e reciprocamente. Man mano che questa presa di coscienza si fa strada in noi, l’atteggiamento all’interno della coppia inizia a cambiare, modificando le dinamiche abituali per regalarci quel sollievo leggero che da tanto tempo non sentivamo a causa del carico di responsabilità nei confronti di un partner bambino che prosciugava tutte le nostre energie. Allo stesso tempo l’altro, abituato a essere il centro del nostro mondo e il padrone assoluto dei nostri umori che era certo di poster far oscillare come se stesse spingendo un’altalena, rimane spiazzato e disorientato dal cambiamento, dal non capire cosa ci sia di tanto diverso da ieri da aver radicalmente modificato l’oggi, dal non riuscire più a gestire completamente la situazione, il perché quel giocattolo che tanto lo divertiva smette di rispondere ai suoi comandi.

Da quel momento in poi non diventa più urgente spiegare e chiarire, la cosa ben più importante è riprendere in mano le redini delle nostre emozioni e della nostra spontaneità, far cadere l’altro dal piedistallo su cui l’avevamo messo per riportarlo, ai nostri e ai suoi occhi, dentro una dimensione di normalità che a noi permette di far sentire anche in modo silenzioso la nostra voce e a lui di rendersi conto di non essere superiore perché di fatto lo è quanto solo perché siamo stati noi ad avergli permesso di sentirsi tale.

Dunque a quel punto sceglieremo di non più esternare, manifestare, comunicare e parlare, a quel punto sceglieremo di tacere tanto quanto in passato era stato lui a farlo, limitandoci a lanciargli segnali utili affinché si sforzi di capire i perché che prima gli mettevamo su un vassoio d’oro.

E, nel momento in cui apprenderemo che non vorrà sforzarsi di farlo, sapremo che è arrivato il momento di voltare pagina lasciandolo a tenere un broncio che questa volta non servirà a soddisfare il suo capriccio.

 
Marta Lock